Trama
Recensione
Uno scrittore in prigione
Ero molto curioso di recuperare questo grande classico che ha fatto la storia, e finalmente sono riuscito a leggerlo, devo dire anche molto in fretta, nonostante lo stile di scrittura ottocentesco, con all'interno tantissime parole arcaiche andate ormai in disuso.
Al di là delle suddette parole, l'unico neo è la quasi totale mancanza di dialoghi, che non aiuta nella lettura.
Nonostante questo però, come dicevo, l'ho terminato in pochissimi giorni, non essendo formato da molte pagine.
Il romanzo tratta appunto della vera prigionia dell'autore, durata ben quindici anni, e che decide di mettere su carta solo tornato in libertà, dopo aver ricevuto la grazia.
Nelle sue parole è possibile riconoscere la forza con cui ha affrontato la sua prigionia, ma soprattutto le speranze che lo hanno tenuto in vita.
Oltre alle speranze, vi era Dio con lui, insieme alle persone che, in un modo o nell'altro gli tenevano compagnia.
Attraverso la sua esperienza conosciamo quindi un bambino sordomuto che si era affezionato a lui e che spesso lo andava a trovare; il povero Maroncelli, suo amico e prigioniero insieme a lui; e le conversazioni con l'adolescente Zanze, che lo prende a cuore.
Sono loro che tengono Silvio Pellico ancorato alla realtà, che non gli permettono di impazzire.
Seppur essendo stato incarcerato per motivi politici, l'autore decide di non inserire nessun riferimento politico, sopratto contro l'impero Austriaco che lo ha incarcerato.
Rimane quindi soltanto lo struggente resoconto di una faticosa prigionia.
Lo consiglio a chi ama i classici, a causa appunto del linguaggio arcaico utilizzato.
Valutazione
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